Mangiare vegetale. Piazza Duomo-Alba


Dopo aver parlato di viaggi, e in attesa del prossimo, provo ad affrontare un argomento nuovo su questi schermi, ma non nuovo per chi mi segue su Instagram: i ristoranti.

Piccola premessa, giusto per inquadrare l'argomento: provare ristoranti, fare esperienze culinarie particolari ( più o meno importanti ), è sempre stata una mia passione, fin da piccola. Con mia zia, fin dalla più tenera età, ho girato molto ed ho sviluppato una vera e propria passione per la cucina e la gastronomia. Crescendo ho incominciato a documentarmi sugli chef più famosi al mondo, sui loro ristoranti, sui loro cavalli di battaglia e c'è stato un periodo in cui conoscevo a memoria i nomi di tutti i tristellati d'Italia. Questo perchè, a mio avviso, mangiare bene ( e per bene intendo: una buona materia prima cucinata in modo da esaltarla alla massima potenza ) è un'esperienza impagabile, paragonabile a quella dei viaggi ( e, in un certo senso, è un viaggio anche una bella esperienza gastronomica ). Ovviamente non si mangia bene solo nei ristoranti stellati, ci mancherebbe, e la cultura gastronomica sta nel saper apprezzare sia la cucina blasonata che quella dell'osteria modesta, purchè in entrambi i casi il cibo venga trattato a dovere. 

Ora veniamo al veganismo e vediamo come conciliare la passione per il buon cibo con questa filosofia di vita ( che, ricordo, non comprende solo il cibo ma inevitabilmente lo tira in ballo ). In Italia, come ho già detto più volte, il panorama della ristorazione vegana è in crescita, ma non siamo ancora al livello di altri paesi. Viene comunque vista come una ristorazione di nicchia, riservata a pochi, mentre in realtà ( pensateci! ) è quanto di più inclusivo possa esserci: un piatto vegano può mangiarlo chiunque, mentre un piatto non vegano, no. Stando così le cose, ovviamente, se voglio mangiare "vegetale di un certo livello" devo andare in locali appositi ( e di ristoranti veg di un certo livello, in Italia e in Piemonte, ne abbiamo molti: Soul Kitchen e Antonio Chiodi Latini a Torino, ad esempio...). Quanto alle esperienze stellate, in Italia abbiamo un unico ristorante vegetariano e vegano stellato. Sto parlando del Joia, del geniale Pietro Leeman, uno dei luoghi del cuore. Qui non ve ne ho ancora parlato, ma conto di farlo presto dato che è uno di quei posti in cui torno per festeggiare le ricorrenze e che mi è entrato dentro fin dalla prima volta. Ma, e veniamo al punto: è possibile mangiare completamente vegetale in un ristorante pluristellato, pluripremiato e famosissimo, non vegano? La risposta è sì, e a pochi km da casa mia.

Sto parlando di Piazza Duomo, ad Alba, regno di Enrico Crippa. Tristellato dal 2012, famoso in tutto il mondo, al diciannovesimo posto nei 50 migliori ristoranti al mondo. La fama di Enrico Crippa è talmente elevata che, fin da quando ero onnivora, sognavo di cenare da lui. Un sogno, appunto, per il prezzo in primis. Poi sono diventata vegana e ho pensato di poter accantonare il sogno. Amen.

Ma ad un certo punto qualcosa si è mosso. Da non molti anni, la Giuda Michelin, ha istituito la Stella Verde, riconoscimento per quei ristoranti particolarmente "Green" e sostenibili. E' stato insignito della stella verde, ad esempio, proprio il Joia! Quest'anno l'ambito riconoscimento lo ha raggiunto anche Piazza Duomo che, oltre ad aver riconfermato le tre stelle, è stato tra l'altro decretato come "miglior ristorante vegetale d'Italia". Questo perchè la cucina di Crippa è famosa proprio per l'abbonante uso di vegetali che fa. Vegetali che provengono direttamente da un orto, coltivato personalmente dallo Chef, di 400 metri quadri: questo permette di avere materia prima a km 0, di cui si conosce perfettamente la provenienza, e che è stata coltivata con amore. Crippa, in varie interviste, ha detto che nella sua cucina i veri protagonisti sono i vegetali, mentre le proteine animali sono il contorno.

Al che, ho ripreso in mano il mio sogno e, un giorno, ho provato a mandare una mail alla Direzione. "Buongiorno, vorrei sapere se è possibile, su richiesta, avere un menù vegano...". Immaginavo la risposta perchè, diciamolo, la ristorazione in Italia non è molto amica dei vegani.

E invece la risposta è stata "Certo, senza alcun problema". Ah. Ecco. Vabbè, non vi sto a raccontare l'emozione, i pensieri, le indecisioni ma alla fine, non appena si sono aperte le prenotazioni, ho cliccato "conferma" e mi sono buttata.

Altra piccola parentesi: mi piace provare locali ad hoc, dove poter ordinare cibo senza dover chiedere "è vegano?" ma questa non è inclusività. Trovo molto più "normale" e inclusivo poter andare in un ristorante dove chiunque può mangiare cosa vuole, perchè nel 2023 essere vegani non dovrebbe più essere considerato un problema. Quindi ero molto emozionata e curiosa di sapere cosa lo Chef avrebbe cucinato per noi.

E così, finalmente, venerdì 24 marzo, abbiamo varcato la famosa porta rosa acceso che conduce al primo piano di uno stabile in Piazza Risorgimento, ad Alba dove, appunto, è situato uno dei ristoranti più famosi al mondo. Non voglio che andiate subito alla fine per capire se sono stata soddisfatta e se valeva la spesa, quindi ve lo dico subito ( invitandovi comunque a leggere tutto il resoconto ): ASSOLUTAMENTE!!!!! Lo dico senza giri di parole: è stata una delle esperienze più belle della mia vita. Senz'altro la cena migliore, senza nulla voler togliere alle altre eh...

Enrico Crippa e la sua brigata avevano studiato un menù apposito per noi e, questo ci tengo tantissimo a sottolinearlo, non era un menù di ripiego per "dare qualcosa da mangiare a 'sti due vegani", ma un'esperienza al pari di quella fatta dagli altri commensali. Tant'è che avevamo lo stesso numero di portate ( 8 più l'aperitivo di benvenuto e la piccola pasticceria ) e anche la stessa tipologia di piatti ma in declinazione vegetale. Esempio: avevamo un primo e un secondo esattamente come gli altri, 5 antipasti esattamente come gli altri, l'aperitivo , il dessert e la piccola pasticciera. Solo che il nostro menù ( che si chiamava "Il Viaggio", esattamente come quello che troverete in carta ) era vegetale. Identico anche il prezzo. Noi non siamo stati trattati come "i diversi", "gli strani", ma semplicemente come ospiti con esigenze alimentari diverse, ma che avevano il diritto di vivere la stessa esperienza di tutti. Altra cosa che ci tengo  a dire, prima di passare alla descrizione, è che i nostri piatti sono stati eseguiti esattamente come li cucinerebbe uno chef vegano: il che rende Crippa davvero un maestro, perchè è più facile essere bravi stando "nel proprio campo", ma cucinare divinamente uscendo dalla confort zone, non è da tutti. E ok, è vero che la sua è una cucina che vede i vegetali come protagonisti, ma un conto è cucinare un pezzo di carne, un altro è cucinare un vegetale che non ha "contorno" e che deve reggere l'intero piatto. Crippa può. 

I piatti che abbiamo assaggiato erano fondamentalmente "semplici", molto legati al territorio, con chiari richiami alla cucina fusion, giapponese in primis. Quello che ci ha fatto dire Wow è stata la maestria nella preparazione e l'esaltazione degli ingredienti attraverso l'uso degli aromi dati dalle erbe e dai fiori. Lo chef prende un vegetale, te lo cucina in maniera gentile, aggiunge aromi e fiori e tira fuori capolavori. Questa è la cucina di Enrico Crippa.

Abbiamo iniziato il nostro Viaggio con un aperitivo di benvenuto, composto da due chips di tapioca con emulsioni vegetali, due bugie salate ancora calde, e una cialda con maionese vegetale e zucchini sottilissimi. E già qui eravamo in Paradiso.

E' poi arrivato il primo degli antipasti: "L'Antipasto Piemontese". Il nostro tavolo si è velocemente riempito di ben 10 piattini a testa, chiaro richiamo alla cucina kaiseki. Nelle candide ciotoline c'erano ingredienti tipici della cucina piemontese, come la zucca candita e servita con le nocciole, funghetti agri con chips a forma di fiore, ravanelli con un'emulsione, una sorta di creme caramel vegetale al miso, fave al limone, insalata di puntarelle e non ricordo cos'altro. So solo dire che non sapevo più che aggettivo usare per descrivere quello che stavo assaggiando. 



Poi è arrivato uno dei piatti iconici e simbolo di Piazza Duomo: "L'Insalata 21, 31, 41, 51.... " Il piatto non era nel menù, ma è uno di quelli imperdibili per chi decide di provare una cena dallo Chef. Abbiamo deciso di aggiungerla al nostro già ricco menù e abbiamo fatto bene perchè è davvero un'esperienza unica. Si tratta di una "semplice insalata" che, all'inizio era composta da "soli" 21 ingredienti. Nel tempo, e anche complici le stagioni, si è arricchita: in primavera, quando l'orto è più generoso, sarà più ricca che non in inverno. Ad oggi è composta da quasi un centinaio di ingredienti vegetali, tra fiori, foglie, semi e frutta secca. Viene servita con le pinze, per permettere di non perdere neanche una fogliolina, ed è incredibile come ogni singolo ingrediente sia unico nel sapore. La parte superiore è scondita, mentre mano a mano che si scende si raggiunge il condimento, che alla fine bisogna bere. Nella versione "onnivora"è a base di dashi, mentre la nostra era a base di the affumicato. Una delle cose più incredibili, semplici e complesse mai mangiate.

Siamo poi passati a "Sudamerica": indivia romana arrosto, servita con chimichurri e un mini tacos di farina di mais con salsa di avocado. Era divina: piccante ma non invasiva, arrostita al punto giusto e il mini tacos era delizioso.

Poi è arrivato "Treviso": un radicchio morbidissimo servito su crema di ceci, accompagnato da una cialda alla cipolla, maionese rossa e  brodo di ceci. Sì: brodo! Anzi, ogni piatto è stato accompagnato da un brodo diverso, preparato partendo dall'ortaggio protagonista del piatto, per non sprecare nulla.

E' quindi stata la volta de "Il Lazio", un carciofo sfogliato tenero come burro, riempito da minuscoli cubetti di carciofo ed accompagnato da una salsa verde. A lato, un piattino con i gambi stufati e il brodo di carciofo.

Siamo passati a "La terra": cipolla e luppolo. La cipolla più dolce mai assaggiata, servita con luppolo e fiori. Anche qui, a lato, un caldo e confortante brodo di verdure.

Ultimo antipasto: "Nel Roero". Semplici asparagi all'olio con una salsa verde delicatissima, fiori eduli, crema all'aglio  e cialda alle mandorle per accompagnare.

Prima di passare al primo piatto, lo Chef ci ha omaggiati di una sorpresa: una foglia di bietola stufata che, appena assaggiata, rivelava un sapore umami che non so descrivere. Semplice e spaziale.

Ed eccoci al primo piatto: "Nei boschi di Chiusa Pesio". Ora, per chi non lo sapesse, Chiusa Pesio è una vallata del cuneese, dove io ho trascorso una bella parte della mia infanzia, dato che i miei affittavano una casa a San Bartolomeo. Ebbene, durante le passeggiate verso il Pian delle Gorre con mia zia, dicevamo sempre che "sembrava di passeggiare dentro a una bruschetta", dato che in quelle zone l'aglio orsino cresce copioso. Ebbene, gli spaghetti all'aglio orsino di Crippa mi hanno portato a Chiusa Pesio. Erano buonissimi e bellissimi.

Come secondo piatto "Il Piemonte": un fungo tagliato sottilissimo, cucinato in modo gentile e servito con il suo brodo. Tra tutti, forse, il piatto che mi è piaciuto leggermente meno, ma solo per una questione di preferenze.

E' arrivato poi il dolce: "L'Orto", che era un minestrone freddo di frutta e verdura delicatissimo, perfettamente equilibrato come sapori ( non era dolce, non era salato, era aromatico....) dove sedano, fave e pisellini incontravano uvetta, mela, fiori.


Abbiamo concluso il nostro meraviglioso viaggio con la piccola pasticceria, ovviamente tutta vegetale al 100% ( praline al cioccolato fondente, drages, cialda al cocco, una gelatina al the ed uno sciroppo).
Questione vini: personalmente io non bevo, ma Giorgio ha accompagnato la cena con una degustazione composta da ben 8 calici, uno per portata. Non me ne intendo, ma il giudizio è stato: "Wow". C'erano vini da tutto il mondo, descritti magistralmente dal giovane e competente maître di sala.
Del cibo credo di avervi parlato e di avervi trasmesso il mio entusiasmo per tutto quello che abbiamo mangiato, dalla prima all'ultima portata. Non c'è stato un "piatto preferito" perchè tutto era talmente buono e di livello da diventare "il preferito" fino alla portata successiva.
Parliamo della location e del servizio. Quanto alla prima, è molto bella: elegante ma non eccessivamente formale. La sala da pranzo è completamente rosa, dominata da un affresco di Francesco Clemente. Il servizio è eccellente: tutto il personale è stato gentile, competente, disponibile. Ci hanno coccolati dall'inizio alla fine, senza mai metterci in imbarazzo. Impressionante il numero dei componenti della brigata di Piazza Duomo: solo in sala credo ci fossero una decina tra camerieri e maître, senza contare il Direttore di sala e tutti coloro che non ho visto ( la cucina , da dove ero seduta io, non la vedevo ) ma che lavoravano in cucina. Credo che, in totale, siano una trentina. E poi lui, Enrico Crippa, che a fine serata è venuto a salutarci e a scambiare due parole con noi ( cosa che, specifico, fa con tutti i clienti! ). Ero talmente emozionata che sono riuscita a biascicare malamente due parole e di tutte le cose che avrei voluto dirgli, me ne sono uscite la metà. Avevamo davanti uno degli chef più grandi al mondo, dal sorriso simpatico e dal fisico esile, ma estremamente umile.

Quindi, ricapitolando: una delle esperienza più belle mai fatte in vita mia! 
E non ( solo ) perchè ho avuto l'onore di cenare in un ristorante stellato, ma perchè ho mangiato b-e-n-e. E, cosa non secondaria, in un ristorante che esalta la cucina vegetale, indipendentemente da chi si siede al tavolo. 
Ho mangiato così bene che ho messo ( e non mi vergogno a dirvelo ) in un angolo tutti i sensi di colpa verso il cibo che si porta dietro il mio dca. Non esistevano calorie, grassi, troppo olio, troppo...esisteva solo buon cibo da gustarmi senza sensi di colpa. 
Peraltro, nonostante il numero di portate, che ci hanno riempito tantissimo, abbiamo digerito meravigliosamente.
Ovviamente, perchè so che ve lo state chiedendo, l'esperienza si paga, e cara. La fascia di prezzo è alta, ma personalmente preferisco spendere soldi in ristoranti e viaggi piuttosto che in vestiti, macchine o altro. Punti di vista e di preferenze. Il prezzo è esattamente quello che vedete sul sito, cui aggiungere un menù degustazione vini e due insalate. Non c'è coperto e neppure l'acqua.
Preciso che il menù vegano lo abbiamo richiesto in fase di prenotazione, compilando il form "allergie, intolleranze, preferenze alimentari". Per i non vegani sono disponibili due menù: Il Viaggio ( l'analogo nostro ma in chiave non veg ) e Barolo ( servito solo in abbinamento alla degustazione di Barolo, in due varianti di prezzo ).

Spero di essere riuscita a trasmettervi la mia emozione ed il mio entusiasmo, senza risultare spocchiosa o arrogante: ho espresso il mio giudizio personale, pur non avendo competenze per farlo, ma facendomi guidare solo dal gusto e dal cuore.
Non dimenticherò la cena di venerdì mai e, anzi: spero di poter tornare presto.
Grazie di tutto, Piazza Duomo.

Commenti

Davide La Rocca ha detto…
Hai reso in modo impeccabile il senso di un'esperienza così elevata e, allo stesso tempo, dal forte impatto evocativo! Il cibo è anche tutto questo: passione, cultura, esperienza, condivisione e, talvolta, nostalgia ❤️
Francesca Quaglia ha detto…
Che bel commento! Grazie mille: volevo trasmettere le emozioni che ho provato e spero di esserci riuscita. Grazie ancora